Circa 80 anni dopo, il re Davide, accompagnato da tutta l’élite di Israele, 30.000 uomini, si recò a Qiryat Yearim (Baalah di Giuda) per trasferire l’Arca nella Città di Sion. E “Davide e tutta la casa d’Israele facevano festa davanti al Signore con tutte le forze, con canti e con cetre, arpe, timpani, sistri e cembali” (2 Sam 6,5).
“Ma quando furono giunti all’aia di Nacon, Uzzà stese la mano verso l’arca di Dio e vi si appoggiò perché i buoi la facevano piegare. L’ira del Signore si accese contro Uzzà; Dio lo percosse per la sua colpa ed egli morì sul posto, presso l’arca di Dio. Davide si rattristò per il fatto che il Signore si era scagliato con impeto contro Uzzà; quel luogo fu chiamato Perez-Uzzà fino ad oggi. Davide in quel giorno ebbe paura del Signore e disse: «Come potrà venire da me l’arca del Signore?».Davide non volle trasferire l’arca del Signore presso di sé nella città di Davide, ma la fece portare in casa di Obed-Edom di Gat. L’arca del Signore rimase tre mesi in casa di Obed-Edom di Gat e il Signore benedisse Obed-Edom e tutta la sua casa. Ma poi fu detto al re Davide: «Il Signore ha benedetto la casa di Obed-Edom e quanto gli appartiene, a causa dell’arca di Dio». Allora Davide andò e trasportò l’arca di Dio dalla casa di Obed-Edom nella città di Davide, con gioia” (2 Sam 6,6-12).
Quando fu costruito il Tempio, Salomone “Per l’arca dell’alleanza del Signore fu apprestata una cella nella parte più segreta del tempio” (1Re 6,19), “cioè nel Santo dei santi, sotto le ali dei cherubini” (1Re 8,6). Debir deriva dalla stessa radice di Davar, la Parola. Si tratta di una lezione importante per il nostro tempo. Ciò che rende l’uomo umano è la sua parola: il linguaggio umano è più del linguaggio dei computer o degli animali, la parola umana è più della trasmissione di informazioni o di affetti. Ma il discorso deve avere un fondamento, perché come si può costringere qualcuno a credere a quello che dico io? Quello che dobbiamo capire è che l’uomo può avere una parola umana perché all’inizio Dio gli ha parlato. La parola divina ha fondato la parola umana.
Il coperchio dell’Arca dell’Alleanza è chiamato "seggio della misericordia", da una parola ebraica che significa "coprire", con il significato metaforico di "espiare i peccati". Nel Grande Giorno dell’Espiazione, il sommo sacerdote aspergeva questo coperchio con il sangue della vittima offerta per i peccati del popolo (cfr. Lev 16). Il seggio della misericordia, come si è detto, è anche il luogo della misteriosa presenza di Dio. Il sangue del sacrificio, in cui sono stati assorbiti tutti i peccati degli ebrei, viene purificato "toccando" la divinità, e gli uomini rappresentati da quel sangue sono resi puri. Inoltre, attraverso il processo dei giorni che precedono lo Yom Kippur, l’esperienza ebraica della misericordia divina ha una dimensione comunitaria.
Nabucodonosor conquistò Gerusalemme nel 597 a.C. e prese tutti i tesori del tempio e del palazzo reale. Poi, nel 587, bruciò il tempio e lo spogliò di tutti gli oggetti preziosi utilizzati per il culto (2 Re 24–25; 2 Cr 36,10; Is 39,6). Tuttavia, per pudore, l’Arca dell’Alleanza non è nominata tra gli oggetti saccheggiati: al momento della distruzione del tempio, obbedendo a un oracolo divino, il profeta Geremia prese l’Arca dell’Alleanza e la nascose in una grotta (2Mac 2,4-8). Alcune testimonianze rabbiniche affermano che l’Arca è scomparsa e che è destinata a durare fino al futuro mondo [1]. L’alleanza di Dio con Israele è eterna, per questo l’Arca è incorruttibile. Può anche essere in cielo, se necessario (Ap 11,19).
La fede cristiana vede in Gesù la presenza del Dio vivente. In lui Dio e l’uomo si toccano. In lui si realizza ciò che il rito del Giorno dell’Espiazione voleva esprimere: sulla croce, Gesù deposita tutto il peccato, non solo degli israeliti, ma di tutto il mondo, nell’amore di Dio e lo fonde in lui. “Dio lo ha esposto come strumento di propiziazione” (Rm 3,23-25). “Nella Passione di Gesù, tutta l’abiezione del mondo entra in contatto con l’immensamente puro, con l’anima di Gesù Cristo e quindi con il Figlio di Dio stesso. In questo contatto, la contaminazione del mondo viene realmente assorbita, annullata, trasformata attraverso il dolore dell’amore infinito” [2]. La misericordia nasce dal cuore di Gesù Messia, che muore chiedendo al Padre di perdonare gli uomini.
[1] Talmud babilonese, Sotah 35°; Numero Rabbah (con Rabbi Jochanàn † 279)
[2] Cf. J. RATZINGER, BENOIT XVI, Jésus de Nazareth. De l’entrée à Jérusalem à la Résurrection. Parole et Silence, Paris 2011, p. 263